Qual è il seme del genio di Leonardo? Lo spiega il saggio di Angelo Paratico “Leonardo da Vinci” – Gingko Edizioni (www.gingkoedizioni.it), un caso letterario, con quel sottotitolo intrigante e sorprendente: “Lo psicotico figlio di una schiava“. Un segreto inconfessabile permea l’enigmatica vita di Leonardo e alimenta la suggestione narrativa. Suggestione che resta nella mente ben oltre il tempo materiale di lettura, per la complessità degli argomenti che compongono la trama, ordita intrecciando ricerca documentale, deduzioni logiche e intuizioni dirimenti. Lo stile intenso appassiona il lettore fino all’ultima pagina, anzi fino ad una seconda lettura, utile per capire meglio la storia al tempo di Leonardo, l’intrico delle sue vicende familiari, l’identità delle donne ritratte, i suoi tormenti artistici ed esistenziali, innervati da traumi infantili. Che le vicende familiari avessero influito pesantemente sull’artista, l’aveva già spiegato Sigmund Freud nel libro “Un ricordo d’infanzia di Leonardo Da Vinci” pubblicato nel 1910.
Di certo si sa che Leonardo nacque il 15 aprile 1452 nella toscana Vinci, figlio illegittimo del notaio ser Piero e di una non ben identificata Caterina, che lo stesso notaio dette in sposa al suo aiutante Antonio di Piero del Vaccha d’Andrea Buti, detto l’Attaccabriga – nomen omen adatto alla sua indole irascibile-, con cui ebbe cinque figli. Chi era la non ben identificata Caterina? Una schiava domestica d’origine orientale, ingravidata da ser Piero: questo sarebbe stato l’inconfessabile segreto del Maestro e l’origine di certe sue pulsioni. Nulla si conosce dell’infanzia e dell’educazione di Leonardo, al punto che lui stesso si definì omo sanza lettere.
Attraverso minuziosa ricerca e argute deduzioni, Angelo Paratico giunge alla conclusione che “il grande Leonardo fu certamene uno psicotico forse a causa di forti traumi subiti in gioventù e la sua vita fu una costante lotta per trascendere il proprio passato, fu un narcisista dalla personalità divisa che si poneva degli obiettivi intrinsecamente irraggiungibili che alimentarono la sua inestinguibile insoddisfazione. Fu questo che gli consentì di salire sopra a vette mai prima esplorate, ma, una volta giunto alla sommità, non vi trova alcun appagamento alle proprie turbe interiori, perché dietro a ogni vetta ne sorge una più alta, che lo costringe a riprendere l’ascesa”. Dunque, il seme del genio è l’intricata e sofferta vicenda familiare: drammi personali e collettivi sono in relazione biunivoca con l’ingegno leonardesco.
Dalla nota dell’autore si capisce perché il libro ha fatto scalpore, perché è stato recensito dalla stampa internazionale e discusso da milioni di cibernauti.
Se la Gioconda è l’opera di Leonardo universalmente nota e pagine su pagine sono state scritte sulla figura femminile ritratta, Angelo Paratico afferma trattarsi dell’omaggio perenne del figlio alla madre, rappresentata con quei tratti seducenti che milioni di persone continuano ad ammirare: Caterina la schiava orientale vive nell’immagine onirica impressa su tela.
Ricercatore di “altre” verità, l‘autore ama alzare veli e porre interrogativi su questioni apparentemente scontate come: “Fu davvero quel genio universale che pensiamo?” Le risposte di Paratico vi sorprenderanno. Non mancano giudizi tranchant come “Quella canaglia di ser Piero”, il padre biologico di Leonardo. Una parte del libro molto interessante e documentata riguarda la vicenda poco nota delle schiave orientali a Firenze nel XIV e XV secolo, ma anche a Venezia e in generalo lo schiavismo praticato in Europa fino al diciottesimo secolo, che nella città del giglio divenne fenomeno rilevante dopo la peste del 1348 e la drammatica riduzione della popolazione, e quindi della forza lavoro disponibile. Altrettanto avvincente è il racconto delle vicissitudini dei codici tra compravendite, strappi e ruberie. Giova alla comprensione della biografia leonardesca l’inquadramento sincronico delle vicende storiche internazionali, su cui l’autore ci induce a riflettere. D’altronde, Angelo Paratico, nato in provincia di Milano, storico, giornalista ed editore, ha una visione non provinciale della Storia, a cui ha contribuito, suppongo, aver vissuto e lavorato per 35 anni a Hong Kong, prima di stabilirsi a Verona.
il genio nasce e ha diventa frutto di esperienza e di studio.
grazie